Buongiorno,

ho letto più volte l’articolo di Paolo Ferri uscito in questi giorni, ed oltre ad interessanti considerazioni matematiche (l’articolo è pieno di numeri, zeri, calcoli, al punto che lo consiglio per fare della sana matematica digitale), alcune affermazioni mi hanno lasciato di stucco, se non sconcertato!

http://www.agendadigitale.eu/infrastrutture/scuola-digitale-2016-pie--veloce-renzi_1922.htm#.Vp8qqNnOsu8.twitter

Andiamo con ordine:

La rapida attuazione delle Piano Nazionale Scuola Digitale sta finalmente innovando il nostro sistema formativo con più di 600 milioni di euro di stanziamenti.

 

 

Deduco da questa affermazione che l’autore correla l’innovazione scolastica ad un mero investimento di danaro!

Una mole ingente di provvedimenti e di investimenti che in effetti risponde in maniera finalmente chiara ed univoca alla domanda di didattica digitale della scuola italiana.

Si usa il concetto di domanda, non mi dilungo sulla sua natura funzionale matematica, ma il termine sa molto di economia, quindi domanda offerta, azienda. L’affermazione non corrisponde al vero, la scuola non domanda didattica digitale. La scuola domanda di potere lavorare bene, di essere messa nelle condizioni di farlo e il digitale è l’ultima delle preoccupazioni.

Chi ha richiesto cosa? I docenti? Gli studenti? I genitori?

L’autore discute poi 5 punti a suo dire innovativo del PNSD

Ecco il secondo:

Sviluppare le competenze digitali e i  contenuti per gli studenti: si tratta di permettere agli studenti e ai docenti italiani di padorneggiare completamente le “competenze digitali” e cioè di apprendere in maniera critica e significativa l’uso delle ICT per l’apprendimento e la didattica

Questo obiettivo è poi strettamente correlato con la disponibilità sul mercato di ambienti digitali per la didattica e contenuti digitali di qualità, “usabili” ed interoperabili. Nel primo caso si tratta di permettere un agile trasferimento da un  sistema VLE (un sistema di classe virtuali) ad un altro i contenuti free o proprietari che contiene, così come l’esportazione e l’importazione delle anagrafiche degli studenti e dei loro risultati scolastici. Nel secondo  caso, invece, si tratta di stimolare la progettazione e la produzione da parte degli editori educational, e delle aziende culturali pubbliche come la RAI di Risorse Educative Digitali di qualità, a pagamento o aperte (OER). Contenuti editoriali cioè che permettano all’insegante di costruire una programmazione flessibile e personalizzata delle unità di apprendimento nelle differenti materie.

Le competenze si padroneggiano? Si sviluppano? Si apprendono?

Personalmente  ritengo che il termine competenze , oltre ad essere avulso dal termine digitale, non si coniuga, in termini didattici, con i verbi apprendere, sviluppare e padroneggiare!

La competenza , in didattica, è un concetto alto e complesso, non lo si impara come se fosse una nozione, non lo si padroneggia come se fosse uno strumento.

La competenza a scuola, per me, è qualcosa in divenire, è multidisciplinare, è fortemente collegata a verbi quali mettere in pratica, mettere in atto etc.

Di certo non la si impara in corsi predisposti ad hoc, tanto più se non avviene un cambio radicale in noi, una meta riflessione personale sul nostro modo di fare didattica.

L a competenza poi non dipende dalla disponibilità di un prodotto sul mercato, non dipende neppure dal fatto che vi sia una connessione internet o un pc, se Ferri vuole venire nella mia scuola, potrei mostrargli tanti buoni esempi di didattica per competenza fatta con laboratorio povero.

Inoltre gli stessi contenuti digitali che Ferri cita perché devono partire dagli editori o da ambienti esterni? Perché i docenti non possono costruirne di propri? Utilizzando quelli gratuiti presenti in rete?

Il docente può benissimo produrne di propri, anzi agli occhi degli studenti la cosa è più stimolante ed efficace

Gli consiglio di guardarsi il nostro umile progetto Byoeg, quale esempio di didattica ed innovazione che parte dal basso, da docenti e studenti, basato su prove autentiche, di competenza ed assolutamente gratuito, anche nell’uso dei mezzi offerti dalla rete.

L’articolo offre spunti interessanti, ma racconta solo delle intenzioni, su cosa si vorrà fare.

Perché non dire anche ciò che si è già fatto e si fa ogni giorno nella Scuola?

Se non elencare i tanti progetti scolastici, almeno citare il solo fatto che ci sono!

Raccontare delle tante buone pratiche didattiche che ci sono anche senza il digitale .

Parlare di didattica e di competenze  prima che di strumenti e mercato.

Le tecnologie oggi disponibili vanno enormemente oltre la possibilità e la necessità di usarle. Le risorse reperibili, in rete e no, sono più che sufficienti a coprire i bisogni della didattica, anche la più “innovativa”. Se non si innova, se si innova poco non è certamente per carenza di risorse digitali ma di un pensiero didattico forte

 Investire nelle persone e non nelle macchine. Si tratta, del più importante a nostro avviso, di tutti gli interventi. Cioè fare in modo che le persone che lavorano nella scuola – dirigenti, insegnanti, personale amministrativo – siano dotate delle competenze digitali necessarie per guidare la trasformazione digitale.

“competenze digitali per la trasformazione digitale”?  Sempre il digitale al centro; alla scuola serve ben altro che il digitale. Serve una seria politica scolastica, serve una riforma seria (dove il digitale avrà un suo spazio, ma limitato), serve ripartire dalla pedagogia e dalla didattica, serve ripartire dalle persone e non dagli strumenti.

Qui non voglio discutere, criticare o osannare il PNSD (nel quale si cita ben oltre 100 volte le parole didattica, studenti e docenti, ma solo 3 volte la parla azienda).

Dico solo ciò che penso da tempo: la Scuola deve essere fatta e restituita a chi ha a che fare con gli studenti.

Non ha senso far parlare di Scuola a chi non ha mai visto di fronte dei ragazzi pensierosi, speranzosi, a volte insicuri.

Non ha senso suggerire idee di Scuola senza essere mai entrato in una classe o in una sala insegnanti e chiedere: cosa diavolo volete dalla Scuola?

Già cosa vogliono i nostri studenti e cosa i nostri docenti?

Io l’ho chiesto e lo chiedo sempre!

Mi ritengo un tecnico del digitale, sono però un   educatore e con i miei studenti ci parlo .

Gli studenti vogliono opportunità, possibilità, vogliono libertà di scelta, autonomia di pensiero, costruzione del sé e vogliono un buon docente che gli dia tutto questo, al di là del fatto se sappia usare una App o meno (conosco colleghi che fanno fare App agli studenti, senza mai averne fatta una, perché hanno una capacità di guida , di stimolo eccelsa). Agli studenti , almeno ad una grossa parte, non interessa neppure il corso di robotica o di coding perché troverai sempre chi vuole un bel corso di teatro o di letteratura.

I docenti ?

Da Animatore Digitale (termine così brutto), ho chiesto ai miei colleghi cosa vogliono.

I docenti vogliono didattica, della buona didattica, vogliono formazione, ma non una formazione proposta da aziende di settore, da chi poi ti vende un prodotto. Non vogliono neppure corsi proposti da chi la scuola la vive dall’alto. I colleghi vogliono corsi fatti da chi si sporca e si è sporcato le mani, da chi la scuola la vive ogni giorno, con le sue difficoltà e il suo fascino. Corsi fatti da coloro che sanno guardare oltre un tutorial di una qualsiasi piattaforma o applicativo, ma si chiedono quali implicazioni didattiche possa avere una certa proposta.

Corsi fatti da chi le cose le fa con il cuore e non guardando al peso del proprio portafoglio.

Corsi fatti da chi la Scuola la vive e guarda in faccia i ragazzi e non i venditori di prodotti!

Cosa voglio dire da docente?

Che forse siamo un tantino delusi ed anche stufi di sentir parlare di Scuola, di digitale e di didattica, da coloro che con queste parole si riempiono solo la bocca, mentre non hanno mai fatto sperimentazione ed insegnamento  in una classe(e per almeno un certo numero di anni)!

Perchè, guardate, che chi vive la Scuola lo capisce chi ha di fronte e capisce se e cosa gli stai proponendo!

 Questo non vuol dire, a priori, rifiutare il territorio o le aziende (anzi) ma vuol dire semplicemente non calare dall'alto sapienza didattica e sperimentazione innovativa!

L'innovazione non la si fa con gli strumenti! l'innovazione la fanno le persone!

L’innovazione parte dalle persone e dalla didattica, questo lo si dice, ma non si dice  che questo lo si è già fatto da tanto tempo.

Penso alle tante belle Scuole estive di Fisica o di Matematica, penso a degli eccelsi corsi di formazione locali, organizzati con o senza l’Università.

Penso alle tante risorse, siti , blog presenti in rete. Penso anche alle tante realtà che fanno ed hanno fatto Digitale con i propri studenti,docenti che pubblicano e si mettono in discussione.

Insomma leggendo questo articolo o altri simili, dove siosanna il Digitale et similia, r se a leggerlo è un genitore o un uomo di strada, non lamentiamoci se gli viene da dire ciò che ha affermato mio suocero:

ma in tutti questi anni, a scuola, cosa diavolo avete fatto?