Continuano a essere protagoniste sui social di PSN e non solo le vicende giudiziarie legate al riconoscimento del punteggio per il servizio svolto nelle scuole paritarie. Nei giorni scorsi abbiamo pubblicato una nostra lettura dell’ordinanza del giudice del lavoro di Napoli che di fatto ha dichiarato riconoscibili i servizi (ai fini della mobilità e della ricostruzione di carriera) prestati come docente presso una scuola parificata pareggiata campana, per la precisione un ITC di Napoli gestito dalla Regione Campania. Il nostro articolo ha suscitato un vivace confronto tra gli amici della nostra fanpage e quindi abbiamo pensato che meritasse un ulteriore approfondimento. Grazie appunto agli spunti suggeriti da alcuni utenti, abbiamo nuovamente riletto il dispositivo del GDL di Napoli, ritenendo utile evidenziare alcuni punti.
L’ordinanza è stata emessa in seguito al ricorso ex art. 700 CPC del docente, che dalla decisione dell’Usp di Napoli di non riconoscergli gli anni di servizio della paritaria correva il rischio di ricevere gravi danni (periculum in mora). L’altra condizione per poter esperire la procedura d’urgenza è che il diritto del ricorrente deve apparire fondato sulla base di un semplice giudizio di carattere sommario (fumus boni iuris)In altre parole, gli deve essere riconosciuta la “ragione” senza dover ricorrere a un’istruttoria accurata e a prove particolarmente complesse. Diversamente, verrebbe meno la stessa struttura celere e immediata del giudizio d’urgenza.
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Per quanto riguarda l’ordinanza in discussione, il fumus boni iuris è stato riconosciuto non tanto perché la scuola era pareggiata (che già di per se bastava per dichiarare il diritto leso, ocme sottolineato da PSN), quanto perché il giudice ha ritenuto che la distinzione tra le scuole paritarie e le scuole statali fosse superata dalla normativa, in particolare dall' Art 2, comma 2 D.L. 255 del 3 luglio 2001, convertito nella Legge 20 agosto 2001, n. 333 e Art. 1 L. 62/2000 che risultano a fondamento dell'ordinanza emessa.
In particolare, l’art 1 della legge 62 del 2000 si occupa della istituzione delle scuole paritarie. Per quanto riguarda il reclutamento degli insegnanti, la legge non prevede nulla di particolare se non all’art 1 al comma 4 lettera h, dove viene specificato che per i docenti devono essere sottoscritti contratti individuali di lavoro che rispettino i contratti collettivi nazionali di settore.
L’art 2 comma 2 del D.L. 255/2001 si occupa invece di graduatorie ad esaurimento (quindi non di ricostruzione di carriera né tantomeno di mobilità dei docenti di ruolo) per il personale precario. Il comma in questione afferma tra l’altro “…I servizi di insegnamento prestati dal 1° settembre 2000 nelle scuole paritarie ( di cui alla legge 10 marzo 2000, n. 62 ), sono valutati nella stessa misura prevista per il servizio prestato nelle scuole statali.”
Ebbene, questi due articoli (nessuno dei quali si occupa di mobilità) sono stati ritenuti (con una istruttoria sommaria, perché così prevede la normativa) il fondamento giuridico del riconoscimento del punteggio nella scuola paritaria.
Approfondendo ulteriormente la questione abbiamo esaminato altre due ordinanze antecedenti a quella del tribunale di Napoli, emesse rispettivamente dal tribunale di Caltagirone e dal tribunale di Milano nello scorso luglio. In particolare quella di Caltagirone, nella persona del giudice Gasparini, appare particolarmente ben articolata. Le motivazioni sono inizialmente simili a quelle dei giudici di Napoli e Milano che sicuramente si sono ispirati a questa ordinanza per prendere la loro decisione: legge 62/2000, legge 27/2007, varie circolari e note ministeriali, secondo il giudice, avrebbero come effetto il pervenire ad una piena omogeneità tra il servizio nelle scuole statali e quello nelle scuole private paritarie. In sostanza, disponendo l’art 2 comma 2 del DL 255, che per GAE i servizi siano valutati nella stessa misura, avrebbe, sempre secondo il giudice, avvalorato l’equiparazione.
Secondo il dott. Gasparini, in base a queste disposizioni, non c’è ragione di limitare l’efficacia dell’art 2 comma 2 D.L. 255/2001 alla formazione delle graduatorie ad esaurimento e quindi tale equiparazione andrebbe estesa anche a mobilità e ricostruzione di carriera. Inoltre, il giudice ritiene superati dalle norme successive gli art 360 comma 6 e 485 del d. legis. 297/94 dove si prevede il riconoscimento ai fini di mobilità e ricostruzione di carriera solo del servizio prestato nelle scuole parificate e pareggiate: egli infatti ritiene che tali disposizioni di legge vadano applicate anche alle scuole paritarie.
Al di là dei cavilli giuridici, assistiamo qui ad un vero scontro istituzionale tra potere legislativo e potere giudiziario. La magistratura del lavoro ritiene illegittima e superata la distinzione tra scuole statali (e pareggiate e parificate) e scuole paritarie, perché la successione di norme la renderebbe obsoleta. Resta solo il dubbio: come mai allora in tutte le operazioni di mobilità dal 2000 in avanti la normativa ha mantenuto la distinzione, riproponendola nei vari contratti collettivi nazionali integrativi sulla mobilità (ultimo quello dell’8 aprile 2016)?
Giova forse ricordare che una sostanziale differenza rimane, tra scuole statali e scuole non statali in genere: l’accesso alla scuola statale avviene tramite concorso, graduatoria e (ultima arrivata) chiamata per competenze (ma con la chiamata diretta si assegna un incarico triennale, non un contratto di lavoro a tempo intedeterminato, che viene invece firmato al momento dell’immissione in ruolo del personale abilitato tramite concorso o procedure equivalenti). L’accesso alle scuole paritarie invece, avviene tramite curriculum, colloquio e altre procedure “privatistiche”, che in passato hanno portato in classe docenti sicuramente preparati, ma spesso privi di abilitazione.
Ci aspettiamo quindi che una questione tanto delicata, tale da tirare in ballo anche i principi di eguaglianza e di imparzialità nella pubblica amministrazione previsti dalla Costituzione (artt. 3 e 97), non sia lasciata alla singola interpretazione data dalle ordinanze sparse in tutta Italia, ma venga definita in modo chiaro e inequivocabile dall’organo preposto, ovvero dal MIUR.
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