Spesso le lezioni nascono così, per caso.

Parlo molto con i ragazzi ed insieme stravolgiamo lo spazio della classe. La cattedra serve solo per appoggiare le cose che ingombrano e mi siedo in mezzo a loro in attesa di vedere i loro occhi che si accendono. Quello è il momento. È il momento di iniziare a correre e ad incamminarsi per una strada che ancora non è segnata, che saranno i ragazzi stessi a creare, formare e percorrere fino al raggiungimento della meta.

È successo proprio così quel giorno. Si parlava di elettromagnetismo dopo tante lezioni passate ad immergersi nei meccanismi di produzione dell’energia elettrica nei vari tipi di centrali. Serviva una scossa (passatemi la battutaccia) che restituisse allegria ed interesse dopo tempo passati tra argomenti che sembrano noiosi (l’ingegnere chimico che è in me non si rassegnerà mai a considerare noiosi argomenti affascinanti come le centrali elettriche).

Ho mostrato questo video in cui si parlava di CIMATICA, in cui, grazie proprio all’elettromagnetismo, si riesce a dare forma a liquidi e solidi granulari. L’effetto è bellissimo.

 

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Per me l’argomento era chiuso, non avevo alcun interesse ad approfondirlo almeno fino a quando Teresa, una delle ragazze della III F, si ripresenta in classe con una presentazione in power point sulla CIMATICA in cui mi raccontava, con passione insospettata, di cose incredibilmente interessanti, chiudendo il suo racconto chiedendomi “Professore, SI PUÒ FARE?”.

Potevo mai rifiutarmi? Decisamente no. E da quel momento è nato il progetto che di seguito potrete leggere.

I ragazzi si sono divisi in gruppi diretti appunto da Teresa, nominata su campo Project Manager. Un gruppo si è preoccupato della ricerca delle informazioni, un altro della documentazione fotografica, un terzo gruppo ha curato l’aspetto tecnico, un ultimo gruppo dei dati sperimentali e delle misure.

 

DIDATTICA

 

Ed io? Bella domanda. Io sono stato a guardare.

Questo è il ruolo dell’insegnante a mio modo di vedere. Non più un monolite al centro del processo educativo pronto ad ispirare magicamente le scimmie che lo circondano, ma un più modesto pastore che guida il suo gregge. Pensateci. Non sono in grado le pecore di scegliere da sole l’erba da brucare? E non è forse lo stesso per gli studenti? C’è una differenza tra il mio essere stato studente e quello dei ragazzi di oggi. Io avevo come riferimento la sola enciclopedia e l’infinita pazienza di mio padre. Oggi, invece, l’accesso alle informazioni è incredibilmente vasto e la possibilità dei ragazzi di recuperare notizie e di studiare da soli non può essere sottovalutata.

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Ed allora va decentrato il ruolo dell’insegnante che, proprio come un pastore, deve solo accompagnare lo studente verso il raggiungimento non già della mera conoscenza, ma verso una autonomia dell’apprendimento che, a differenza delle conoscenze, non li abbandonerà mai.

Il lavoro è infernale, ma le soddisfazioni sono immense. Ecco allora che, come in un gioco di ruolo, io mi sono trasformato in una sorta di committente a cui i ragazzi dovevano consegnare il lavoro finito. Li ho osservati e spesso li ho anche indotti in errore, ma solo per forzare l’apprendimento, per forzare la ricerca di una soluzione.

L’errore è un altro argomento che merita qualche parola. L’insegnante che bacchetta, l’insegnante che punisce, l’errore che spaventa non ha più ragione di esistere. Nell’antica Roma si diceva ex contradictione sapientia, la conoscenza nasce dalla contraddizione, dal confronto, dall’errore proprio. Ricordo un mio vecchio professore negli USA che mi diceva sempre – LA COSA MIGLIORE CHE POTRÀ CAPITARTI NELLA VITA SARÀ DI SBAGLIARE. Ecco dunque che l’errore diventa un necessario e fondamentale strumento didattico.

Infine poche parole sul materiale utilizzato. Qui apriamo il discorso sul laboratorio. In una discussione con una collega scoprii che mi riteneva un fortunato perché nella mia scuola avevamo un laboratorio. E non ci siamo. Il laboratorio non è uno spazio fisico, il laboratorio non è una stanza dei segreti o un sancta sanctorum in cui chiudersi a fare cose strane. Il laboratorio è uno STATO MENTALE e può essere fatto ovunque e con ogni materiale. Per l’intero progetto che vedrete sono stati usati materiali di uso comune, trafugati, con buona pace di mia moglie, dalla cucina di casa. Il piccolo amplificatore e le casse sono stati gli unici acquisti, il primo costato 5,00 € in un negozio di elettronica e le seconde ottenute per lo stesso prezzo in un centro di demolizioni per auto.

Plexiglass e piastre metalliche, così come la bulloneria, sono state fornite dai genitori degli studenti che, insieme a loro hanno partecipato al progetto con suggerimenti e discussioni interessantissime su Whatsapp (QUANTO MI PIACE QUESTA SCUOLA).

Le misure sono state fatte con i nostri cellulari che, come vedrete, non sono strumenti del demonio, ma veri e propri strumenti di misura. Applicazioni come Physics Toolbox, Smart Tools, Sound Meter hanno trasformato i nostri smartphone in laboratori di fisica portatili. L’idea è quella del BYOD (Bring Your Own Device).

Ora la parola alla CIMATICA.

 

UN PO’ DI STORIA

 

Il nome Cimatica, con cui si definisce la scienza delle onde, deriva dal greco “chima”, cioè onda.

Quindi la Cimatica e' una scienza che studia le forme prodotte dalle onde ossia dalle frequenze che possono essere vibratorie, sonore, elettromagnetiche.

Nel 1787 il giurista, musicista e fisico tedesco Ernst Chladni pubblicò "Entdeckungen ùber die Theorie des Klanges" (Scoperte sulla teoria dei suoni). In questa ed altre opere all'avanguardia Chladni, pose le fondamenta di quella disciplina della fisica che avrebbe poi assunto la denominazione di acustica, la scienza del suono.

Uno dei successi di Chladni fu quello di escogitare un metodo per rendere visibile quello che le onde sonore generano. Con l'ausilio di un archetto di violino che sfregava perpendico­larmente lungo il bordo di lastre lisce ricoperte di sabbia fine, egli realizzò gli schemi e le forme che oggi vanno sotto il nome di "figure di Chladni".
Qual era il significato di questa scoperta ? Chladni dimostrò una volta per tutte che il suono di fatto influisce sulla materia fisica e che ha la prerogativa di creare schemi geometrici.

 

cimatica storia

 

In questo modo Chladni dimostra che il suono, le vibrazioni, influisce veramente sulla materia e inizia a studiare a fondo l’argomento fondando una nuova scienza: la Cimatica.

Tuttavia fu solo nel ventesimo secolo che la Cimatica riprese grazie ad uno scienziato svizzero: Hans Jenny utilizzando le sofisticate apparecchiature moderne Jenny misurò, fotografò, sperimentò gli effetti delle vibrazioni sonore di ogni tipo sui più diversi materiali e scoprì che le forme create dal suono erano prevedibili.

Per esempio, determinati suoni corrispondono sempre alle stesse figure, inoltre, scoprì che acclamando i suoni di antichi linguaggi, come il sanscrito o l'ebraico, le figure che si producevano, disegnavano il simbolo alfabetico che si pronunziava.

Hans Jenny scoprì che se faceva vibrare una lastra secondo frequenza e ampiezza specifiche sul materiale della lastra comparivano le forme e gli schemi di movimento caratteristici di quella vibrazione. Se modificava la frequenza o l'ampiezza, variavano anche lo sviluppo e lo schema.

Scoprì che se aumentava la frequenza, altrettanto accadeva alla complessità degli schemi; il numero degli elementi diventava maggiore. Se, d'altro canto, aumentava l'ampiezza, i movimenti diventavano ancor più rapidi e tumultuosi e potevano persino creare piccole eruzioni dove il materiale effettivo veniva scagliato in aria.

Le forme, le figure e gli schemi di movimento che comparivano si dimostrarono essere principalmente una funzione della frequenza, dell'ampiezza e delle caratteristiche inerenti ai vari materiali.

 

L’IDEA E L’APPARATO SPERIMENTALE

 

Occorreva costruire un tonoscopio o qualcosa che ci consentisse di trasferire le vibrazioni alla piastra metallica.

Ovviamente era necessario indagare prima sulle Onde Stazionarie, queste notissime sconosciute. responsabili dei picchi di pressione e delle vibrazioni della cassa, ma per questo rimandiamo all’articolo di teoria nella sezione dedicata.

Innanzitutto è stato collegato l’amplificatore alla cassa, collegandosi ad una generatore di toni online, è stato verificato che ci fossero effettivamente vibrazioni nella cassa.

 

verifica vibrazioni

 

Verificate e misurate le vibrazioni della cassa bisognava collegare la piastra metallica. In particolare bisognava trovare il sistema di fissare la piastra al sistema vibrante della cassa. Abbiamo allora forato al centro un bicchiere da gelato dove è stata fissata una vite dal diametro di 6 mm e della lunghezza di 20 cm fissandola con bulloni adatti. Il bicchiere è stato incollato con colla a caldo al centro della cassa.

Per evitare le oscillazioni della piastra, vista l’altezza della vite, abbiamo fissato una lastra di plexiglass ai fori di supporto della cassa stessa sempre con viti del diametro di 6 mm.

Nelle foto il risultato.

 

Primo tonoscopio

 

Tutto era perfetto, ma nella buona tradizione non funzionava. Del resto lo diceva Einstein - La teoria è quando si sa tutto e niente funziona. La pratica è quando tutto funziona e nessuno sa il perché. Noi abbiamo messo insieme la teoria e la pratica: non c'è niente che funzioni... e nessuno sa il perché!

 

In effetti misurando l’ampiezza delle oscillazioni del tonoscopio abbiamo visto che non avevamo oscillazioni o ne riuscivamo a registrare soltanto di piccolissime e non necessarie agli esperimenti che volevamo fare. La prima idea è stata quella di modificare l’apparato creando un nuovo tonoscopio e collegandolo direttamente alla cassa senza più bicchieri di gelato e meccanismi vibranti con viti e plexiglass. Abbiamo usato un pezzo di paraspigolo ad L in alluminio chiesto gentilmente in omaggio ad un amico ferramenta.

 

secondo tonoscopio

 

C’è da confessare che l’idea di abbandonare tutto ha preso i ragazzi soprattutto quando il loro professore non ha accettato di aiutarli. Certo ne abbiamo discusso, certo se ne è parlato, ma non è stato fatto nessun intervento risolutivo.

La soluzione è arrivata una domenica pomeriggio. Uno dei ragazzi mi ha scritto su Whatsapp e mi ha raccontato di come avesse riprovato a fare l’esperimento senza nessuna piastra, ma con un semplice piatto di carta. La soluzione è dove meno te lo aspetti. In effetti la pesantezza della piastra impediva ogni forma di oscillazione.

Abbiamo guardato cosa avevamo a disposizione ed abbiamo trovato un pezzo di plastica verde ed un pezzo di legno sottile sagomato col seghetto. Abbiamo riusato il vecchio bicchiere da gelato questa volta interamente incollato con la colla a caldo ed abbiamo ottenuto l’ultimo apparato, il meno bello, ma il più funzionale.

 

terzo tonoscopio

 

ESPERIMENTI E MISURE

 

Le prime misure sono state fatte sul campo magnetico generato dalla cassa e sulle vibrazioni della stessa.

Per le prove è stato impostato l’ONLINE TONE GENERATOR sui 1440 Hz ed è stato misurato il campo magnetico a circa 8 cm dal magnete ed è stato ottenuto un valore di 252 µT per un’intensità sonora compresa tra i 40 e i 60 dB.

 

misure 1

 

E di seguito riportiamo gli snapshot degli esperimenti.

 

risultati

 

CONCLUSIONI

 

Concludendo possiamo riassumere il lavoro dicendo che:

  • Siamo riusciti a mantenere coerenza con l’idea di laboratorio povero e di riproducibilità degli esperimenti con materiali e mezzi di fortuna;
  • I ragazzi hanno organizzato il lavoro da soli, affrontando le difficoltà di messa in opera degli apparati sperimentali, gli errori ed i malfunzionamenti, indagandone cause e proponendone soluzioni efficaci;
  • I ragazzi hanno sfruttato le conoscenze di fisica anche fuori dai tradizionali programmi di una terza media, scoprendo di trasmissione di energia, fenomeni vibratori e onde stazionarie (vedi articolo);
  • I ragazzi hanno costruito con efficacia un tonoscopio funzionante;
  • I ragazzi hanno usato i loro cellulari per effettuare misure scientifiche attendibili e maturando la convinzione di poter diventare soggetti nell’uso degli smartphone, piuttosto che subirne passivamente il funzionamento.

Passi successivi:

  • Migliorare il tonoscopio utilizzando una piastra di migliore fattura evitando quella di plastica con troppo evidenti irregolarità superficiali che ne inficiano in parte la funzionalità;
  • Utilizzare un solido granulare diverso dal sale o dal bicarbonato, troppo igroscopici per far rilevare trasformazioni nitide;
  • Effettuare esperimenti su fluidi newtoniani e non newtoniani;
  • Ottimizzare l’apparato sperimentale individuando una relazione tra frequenza e figure ottenute.

 

CREDITS

 

Il mio ringraziamento va ai ragazzi della III F a.s. 2015/2016 della Scuola Secondaria di I grado Solimena-De Lorenzo di Nocera Inferiore.

Sono loro gli autori di questo articolo, loro gli ideatori del progetto, loro i piccoli scienziati che hanno affrontato queste fatiche regalando al loro professore matto sorprese e pomeriggi di assoluto divertimento. Grazie di tutto.

TERESA CRUPANO (Project Manager), SARA ALBA, LORENZO AMANTEA, FEDERICA BARBARULO, ELISA CALABRESE, DAVIDE CALIFANO, MARCO CAVUOTO, ALESSANDO CONTURSI, FRANCESCA D’ANELLO, CLAUDIA DE PASCALE, FRANCESCO DI SERIO, GABRIELLA DI SERIO, PIERLUIGI GAMBARDELLA, VINCENZO GAUDIO, ANNAMARIA GIORDANO, CHIARA IANNONE, LORENZO MALESANI, FEDERICA MANFREDINI, LORENZO MOLINARO, ANNA RICCIARDI, ROBERTA RUSSO, ANGELICA SANTONICOLA, MARIO VILLANI, FRANCESCA ZARRA.

 

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