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Ocse

E' semplicemente allarmante e disarmante il quadro emerso dall'indagine condotta dall'Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, riportata dal IlSole24Ore, che attesta l'Italia agli ultimi posti per la spesa in istruzione e per gli stipendi dei docenti (sempre più anziani). Senza contare che la percentuale di adulti in possesso di un titolo di studio terziario come livello più alto d’istruzione conseguita in Italia è tra i più bassi dei Paesi dell’OCSE, con solo il 18% di adulti laureati.

 

Questi bassi livelli d’istruzione terziaria possono essere in parte dovuti a prospettive insufficienti di lavoro e a bassi ritorni finanziari in seguito al conseguimento di un titolo di studio terziario (una percentuale inferiore del 21% rispetto alla media OCSE per gli uomini e del 35% per le donne).

 

Istruzione:
La rilevanza dell’istruzione nella nuova era della conoscenza ha portato a un generalizzato aumento della spesa in educazione superiore all’incremento della popolazione studentesca: 4% rispetto a una lieve flessione degli studenti. Ma l’importanza dell’istruzione terziaria ha indotto i governi e le istituzioni private a puntare molto sull’università, che ha registrato un aumento della spesa più che doppio rispetto a quello della popolazione studentesca. L’incremento della spesa in termini monetari non ha però tenuto il passo con la crescita del Pil, portando a una flessione di due punti percentuali della spesa in relazione al Pil. La quota di investimenti pubblici premia ovivamente l’istruzione obbligatoria, coprendo in media il 91% delle spese, ma scende drasticamente, al 70%, all’università, lasciando il resto del conto da pagre alle famiglie. In Italia la spesa per istruzione si è attestata al 4% del Pil, un rapporto molto inferiore alla media Ocse del 5,2% e in calo del 7% rispetto al 2010: solo cinque altri paesi si collocano su livelli inferiori. In termini di spesa per studente per l’intero ciclo scolastico l’Italia è attestata a 9.300 dollari, meno dei 10.800 di media Ocse, con una forbice che va allargandosi nella fascia più alta dell’istruzione: nella primaria il divario è limitato (8.400 dollari contro 8.900) mentre nella terziaria cresce con una spesa, comprese le attività di ricerca e sviluppo, pari a 11.500 dollari, 3.900 in meno rispetto alla media Ocse.

Stipendi degli insegnanti:
In un mondo sempre più affamato di istruzione gli insegnanti dovrebbero essere la colonna portante del sistema educativo. Invece la professione diventa sempre meno attraente per i giovani e la popolazione dei docenti si fa sempre più vecchia, in particolare nei livelli più elevati di istruzione. In media nei paesi Ocse un terzo degli insegnanti in primarie e secondarie ha più di 50 anni. In Italia la quota di docenti ultracinquantenni è ben superiore: 60% nella primaria e 71% nella secondaria superiore. Il che, aveva già segnalato l’Ocse, può diventare anche una risorsa, visto che nel prossimo decennio quasi due terzi degli insegnanti dovranno essere sostituiti. L’attrattività è in buona parte determinata dalle prospettive di remunerazione, che per gli insegnati rimangono decisamente più basse rispetto ai coetanei con la stessa formazione. In media lo stipendio di un docente si ferma tra il 78 e il 94% di quello di occupati a tmepo pieno con istruzione terziaria. Per di più la crisi del 2008 ha peggiorato la situazione con il congelamento o addirittura la riduzione degli stipendi in diversi paesi, con il risultato che tra il 2005 e il 2015 gli stipendi dei docenti hanno registrato una flessione in termini reali in un terzo dei paesi presi in considerazione. Anche in questo campo la situazione in Italia è più deteriorata. Per fare qualche esempio un insegnante di scuola primaria ha un salario iniziale di 27.900 dollari che può salire a 33.700 dopo 15 anni di esperienza (parliamo sempre di livelli medi) contro un’oscillazione tra 30.800 e 42.800 di media Ocse. Non molto migliore la situazione per la scuola secondaria superiore: 30.100-37.800 la fascia in Italia contro 33.800-46.600 nelll’Ocse.

Stipendi tabellari docenti (iniziale, a 15 anni e a fine carriera) (convertiti in Euro dall'originale in $ USA rapportati alla Parità di Potere d'Acquisto)

 

 

I commenti a caldo delle OO.SS:

Francesco Sinopoli, Flc Cgil scuola:"Anche nell'edizione 2017, lo studio OCSE prova che quanto afferma da anni la FLC CGIL è tragicamente vero;la scarsità dei finanziamenti al sistema dell’Istruzione e della Ricerca italiano sta radicalmente minando l’efficacia del sapere, pregiudicando le opportunità di ragazze e ragazzi, di donne e di uomini, che non possono realizzare sogni e aspettative e non riescono a contribuire al benessere collettivo del paese. E' ora di cambiare radicalmente pagina e prospettiva, prima che sia davvero troppo tardi per tornare indietro. Non possiamo abbandonare alla povertà economica e culturale intere generazioni. Infatti al sistema pubblico dell'Istruzione viene riservata una spesa addirittura del 7% più bassa della percentuale del 2010: in tutti i paesi OCSE e i paesi partner sono solo 5 quelli che dedicano meno risorse dell’Italia. E qualora la spesa per l’istruzione si commisuri in percentuale alla spesa complessiva per i servizi, l’Italia si posiziona addirittura ultima, con il 7,1%, e con un trend in diminuzione, dimostrando ancora una volta che nella strategia a medio e lungo termine il sapere non è considerato un elemento centrale per lo sviluppo del paese. Lo scarto delle dotazioni finanziarie scolastiche rispetto alle medie OCSE sale lungo il percorso di studi: minimo, ma sensibile, nell’istruzione primaria, maggiore in quella secondaria, drastico in quella universitaria". “Non finisce qui - sottolinea Sinopoli - in Italia (5%) e in Turchia (4%), solo una piccola percentuale di studenti ha i genitori laureati e questa percentuale ha una probabilità molto maggiore degli altri di conseguire una laurea, dimostrando in questo modo che il sapere e lo studio ormai non funzionano più come quello che si definiva ‘ascensore sociale’: addirittura in alcune fasce (30-44 anni), la percentuale di laureati senza nemmeno un genitore laureato è inferiore di quasi il 50% rispetto a quelli con almeno un genitore laureato. E sempre condividendo il triste primato con la Turchia, la percentuale di NEET, cioè di giovani che non sono né in un percorso di formazione né alla ricerca di un lavoro, nella fascia 20-24 anni è più del doppio della media OCSE, e in Italia è addirittura in aumento, rispetto invece all’inversione di tendenza turca". Infine, conclude, "I risultati positivi, che pure ci sono e sono tanti, soprattutto nell'attività quotidiana delle comunità scolastiche, sono da attribuire alla dedizione, all'abnegazione e all’amore, che i docenti italiani e l'intero personale hanno per la scuola, ben poco ripagati dai vari governi che si sono succeduti. Per questo, la ripresa della contrattazione collettiva è determinante a partire dalla necessità di riconoscere il valore del lavoro. Con essa e mediante essa, si tratta di riaffermare finalmente la dignità  di centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori del sistema della conoscenza italiano". Per il sistema di Istruzione e Ricerca serve un investimento straordinario nella prossima legge di stabilità finalizzato alle infrastrutture, al diritto allo studio, ai salari, alla stabilizzazione dei precari e a nuove assunzioni.

Annamaria Furlan, Segretaria Generale della Cisl, e la Segretaria Generale della Cisl Scuola, Lena Gissi:"Dai dati OCSE di qualche giorno fa è venuta l’ennesima conferma: sugli investimenti in istruzione e formazione, che hanno un enorme valore strategico, l’Italia è ancora troppo indietro". "È vero che il dato si riferisce al 2014, ma lo scarto rispetto al volume di spesa degli altri Paesi non è di poca consistenza, in termini complessivi e nel dettaglio del costo per alunno nei diversi gradi di istruzione: difficile credere che sia stato nel frattempo colmato. Pensiamo sia anche giusto rilevare alcuni aspetti positivi, come l’alto tasso di frequenza nella scuola dell’infanzia, dove siamo nettamente sopra la media; del resto, che la scuola italiana sia un esempio di accoglienza ce lo ha detto in questi giorni il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Nils Muiznieks, in un rapporto sull’integrazione delle alunne e degli alunni con disabilità. Un grande merito che va riconosciuto prima di tutto a quanti lavorano nella scuola con impegno e dedizione, nonostante lo facciano con minore riconoscimento, anche retributivo, rispetto ai colleghi degli altri paesi. Lo diciamo da tempo ed i dati OCSE confermano che siamo nel giusto quando chiediamo scelte più decise di investimento in conoscenza. Quello di avere una scuola di eccellenza e personale retribuito in modo adeguato, rientra in un’ottica di interesse generale e deve essere davvero messo coerentemente tra le priorità dal Governo in vista della predisposizione della Legge di stabilità" .

Pino Turi, Uil scuola: "L’Italia non investe in istruzione, per scelta e non per contrazione della spesa; i bassi livelli di spesa sono « indice di un cambiamento nelle priorità pubbliche piuttosto che di una contrazione generale di tutte le spese governative» si legge nel rapporto presentato oggi dall’Ocse.Nell'ambito della spesa pubblica, la quota che l’Italia destina all’istruzione è pari al 7,1%, in calo rispetto al 9%, del 2010. Un divario di due punti percentuali – fa notare Turi -  che mostra i limiti finanziari del nostro sistema e che andrebbe colmato anche con un piano graduale di investimenti, per un riequilibrio con gli altri settori di spesa. Che occorra riportare la scuola tra le priorità dell’azione di Governo – continua Turi -  lo dimostra anche la spesa in istruzione in rapporto al Pil, pari al 4,1%,  ben al di sotto della media Ocse (5,2%) e «in calo, secondo il rapporto Ocse, del 7% rispetto al 2010». Più risorse per la scuola per evitare che, un sistema che ancora tiene in termini di risultati e  di qualità (ad esempio il sistema della scuola dell’infanzia, con tassi di frequenza altissimi, 97%, fa notare Turi) in presenza di un consistente divari, in termini di investimenti, possa determinare squilibri nel sistema-Paese,  difficilmente recuperabili. Sono considerazioni che dovrebbero indurre il Governo a chiudere rapidamente il negoziato per il rinnovo contrattuale del personale della scuola, in modo da poter impegnare le risorse necessarie nella prossima legge di Bilancio. Ai dati macroeconomici in flessione si affianca la stagnazione dei livelli delle retribuzioni che restano più bassi anche nel confronto con altri  lavoratori con lo stesso livello di istruzione. In prospettiva – commenta Turi -  il  divario esistente nella componente femminile, farà aumentare ancora di più il divario di genere tra i docenti del sistema scolastico italiano che, invece va riequilibrato. E’ un fenomeno, quello della femminilizzazione della scuola, che si può  contrastare solo con politiche d’investimento che rendano più attrattiva la professione docente, la più bella del mondo,  sia in  termini di status che di reddito.Una fotografia che rende merito al sistema dell’istruzione italiana che ha mostrato una sua tenuta interna e  doti di recupero di tutto rispetto a  dispetto di tutti coloro che ogni giorno la denigrano. Il vero problema italiano è il lavoro e il numero insufficiente di laureati (siamo penultimi, dopo di noi solo il Messico).  Ma non è la scuola ad essere inadeguata  – sottolinea Turi - anche il rapporto OCSE assolve e promuove il sistema italiano, compreso il segmento dell’istruzione professionale che appare in linea con gli altri paesi. Sono le misure di politica economica e scelte durature nel tempo di investimenti pubblici che possono determinare la svolta.

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