banchi scuola

L'annuncio della Ministra Fedeli sull'innalzamento dell'obbligo scolastico a 18 anni, fatto durante il discorso tenuto al Meeting di Rimini, ha da subito generato un dibattito acceso. Precisiamo che, come ha riportato IlSole24Ore, in un articolo uscito ieri, sono solo quattro i paesi europei dove l'obbligo scolastico arriva fino a 18 anni (si tratta di Belgio, Portogallo, Paesi Bassi e Germania dove l'obbligo si ferma a 18 anni in 12 lander, mentre in altri 5 arriva fino a 19 anni.

Lo stesso avviene nella ex Repubblica jugoslava di Macedonia, dove si va a scuola obbligatoriamente fino a 18-19 anni), mentre nella stragrande maggioranza dell'Unione l'età di uscita dagli studi è fissata a 16 anni, come in Italia.Secondo l'ultimo rapporto sui sistemi educativi europei pubblicato dalla rete Eurydice, nella maggioranza degli stati Ue (Italia compresa) l'istruzione obbligatoria dura 9-10 anni e si conclude all'età di 15-16 anni.

Tra i primi a “scendere in campo”, esprimendo parere favorevole ma con qualche precisione, Francesco Sinopoli, Segretario generale della Federazione Lavoratori della Conoscenza CGIL, che ha dichiarato: la FLC CGIL ha da sempre sostenuto la necessità di estendere l’obbligo scolastico, non semplicemente di istruzione e formazione, fino ai 18 anni . Ne esistono la necessità e le condizioni. Il nostro Paese può e si deve permettere di investire le risorse necessarie per far seguire, ai giovani che entrano nella scuola italiana, un percorso che consenta davvero la piena attuazione dei valori costituzionali di libertà, uguaglianza, democrazia e pieno sviluppo della persona umana. Per questa ragione, riteniamo del tutto sbagliata la curvatura “funzionalista” attribuita dalla ministra alla proposta, cioè legata unicamente agli interessi del mondo produttivo, che pur nella sua importanza sembra essere, di nuovo, l’obiettivo prevalente sotteso alla legge 107/2015 e più in generale dell’attuale governo. Così come appare profondamente errata l’operazione che sembra voler compensare la prevista riduzione del percorso delle scuole superiori a quattro anni con un innalzamento dell’obbligo che, cosiffatto, fallirà gli obiettivi fondamentali sopra richiamati. Soprattutto se essi sono dettati dalla “formazione del capitale umano”, sulla quale si è spesa la ministra. Si tratta allora di ricostruire, a partire da una vera volontà politica, le condizioni perché le scuole, in autonomia, con le risorse necessarie e con l’aiuto dell’intera società, possano farsi carico di una missione fondamentale: sviluppare innanzitutto le potenzialità personali e individuali delle nuove generazioni e adeguare saperi e competenze alle necessità della vita sociale ed economica del Paese. Nel passato, seppur con evidenti contraddizioni, è stato introdotto l’obbligo di iscrizione ad un percorso di istruzione e formazione entro i 16 anni e l’obbligo di permanere nel sistema di istruzione e formazione per conseguire un titolo di qualifica o di diploma entro i 18 anni. Questo quadro confuso e improduttivo ha mostrato  tutti i suoi limiti. Da ciò la ormai storica proposta della Cgil di elevare l’obbligo scolastico a 18 anni. Per questo obiettivo sono però necessari chiarezza sulle finalità e coinvolgimento dei soggetti che debbono attuare il cambiamento: il personale delle scuole autonome e le loro rappresentanze sindacali, le associazioni professionali, il mondo della ricerca pedagogica.
E sono necessarie le risorse. Alla proposta di elevamento dell’obbligo a 18 anni, contenuta peraltro nel Piano del Lavoro della CGIL, insieme ad altre proposte di riqualificazione dell’intero sistema scolastico (la generalizzazione della scuola dell’infanzia ad esempio), la FLC CGIL ha accompagnato anche una quantificazione delle risorse occorrenti: si devono investire 17 miliardi di euro che corrispondono a quel  punto di PIL che ci manca nell’investimento in istruzione per essere allineati alla media dei Paesi Ocse. La ministra Fedeli ha anche detto che occorre aumentare gli stipendi agli insegnanti. È quello che chiede il Sindacato. Ma alla ministra spetterebbe di reperire le risorse, perché gli annunci, alla fine della legislatura, rischiano di trasformarsi in propaganda politica piuttosto che negli impegni mantenuti, tra i doveri di chi invece dirige un dicastero.

Per Maddalena Gissi,segretaria generale della Cisl Scuola, "non è la priorità, sono più importanti i contenuti. Spero non ci sia la volontà di rimettere in gioco la scuola solo sotto un profilo di facciata".

Per Pino Turi, segretario generale Uil Scuola: “ogni elemento che alzi l’obbligo scolastico non può che essere positivo, l’importante e che ci sia una effettiva crescita culturale”.

“Lo Snals Confsal condivide pienamente la proposta del ministro Valeria Fedeli di portare l’obbligo scolastico a 18 anni” - dichiara Elvira Serafini, Segretaria generale Snals Confsal. L’innalzamento dell’obbligo a 18 anni ci trova d’accordo, perché, oltre a rappresentare lo strumento per recuperare quel 15 per cento di studenti che oggi, per tanti e differenti motivi, abbandonano le scuole secondarie, può diventare un’occasione di crescita culturale complessiva del nostro Paese”. (...) “L'innalzamento dell’obbligo debba passare attraverso una revisione degli ordinamenti e dei programmi d’insegnamento, con l’obiettivo di innalzare la qualità dell’istruzione e della formazione dei ragazzi”.Siamo certi - ha concluso Serafini - che la proposta del ministro Fedeli aprirà un confronto positivo nella società civile, che vedrà sicuramente lo Snals Confsal in prima linea con le sue proposte e i suoi contributi, nella convinzione che l’obbligo a 18 anni, se costruito in modo efficace, con un adeguato potenziamento del sistema scuola, a partire dalla valorizzazione del ruolo dei docenti, potrà rappresentare un valido traino anche per aumentare il numero dei laureati, numero che ci vede, oggi, agli ultimi posti tra i Paesi più evoluti”.

Anche Giorgio Rembado, presidente dell’Associazione nazionale dei presidi (ANP), ha espresso parere favorevole dichiarando: “Siamo d’accordo con l’innalzamento dell’obbligo scolastico a 18 anni proposto dalla ministra Fedeli ma chiediamo, come ANP, un reale potenziamento qualitativo dell’offerta formativa e non solo quantitativo. Per questo servono due condizioni fondamentali: interventi mirati sulla qualità dell’istruzione e una sempre maggiore autonomia scolastica che permetta agli istituti di realizzare curricula personalizzati per i singoli studenti. L'obiettivo infatti non deve essere quello di allungare la permanenza dei giovani tra i banchi di scuola fino a 18 anni, come si faceva una volta con l’obbligo di leva. L’obiettivo deve essere quello di una reale crescita delle competenze e delle conoscenze degli studenti italiani, per dare una vera risposta educativa e formativa alle attitudini e agli interessi culturali individuali”.

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