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Nel contesto attuale siamo pronti a riprendere la mobilitazione per dare voce alla protesta della scuola, quella che spesso in solitudine affronta una realtà educativa sempre più difficile, per dare voce alle studentesse e agli studenti, alle famiglie che giustamente rivendicano per i loro figli una scuola di qualità, per dare voce al personale della scuola che non ne può più di essere solo oggetto di riordini e finte riforme, senza una valorizzazione del ruolo e del lavoro che quotidianamente viene svolto.

Ad affermarlo la FlcCgil scuola tramite comunicato, la stessa che nelle audizioni alla Camera e al Senato ha espresso il suo giudizio negativo in merito alle deleghe alla legge 107/15.

Il 23 febbraio, quindi, insieme ad altre 70 associazioni scenderà in Piazza a manifestare in difesa della scuola pubblica, davanti Montecitorio (dalle 14 alle 19).

Il Governo deve capire che è necessario aprire nel Paese un ampio dibattito sul ruolo della conoscenza e di come si declina nel percorso istruzione, per questo abbiamo presentato al Parlamento un dossier di proposte finalizzate alla costruzione di un’idea di scuola alternativa alla legge 107/15 e agli schemi delle deleghe che consideriamo in larga parte inemendabili. Come abbiamo già avuto modo di affermare, chiediamo al Parlamento che vi sia un ribaltamento dell’orizzonte politico e un metodo diverso di affrontare i problemi, scegliendo gli obiettivi imprescindibili. Solo in questo contesto potremo impegnarci a mettere a disposizione la nostra elaborazione in un costruttivo dibattito.

Mobilitazione prevista per il 17 marzo anche per Anief che insieme a Cobas ed Unicobas che manifesteranno dalle ore 9:30 davanti il Miur a Viale Trastevere, lanciando un appello a tutti i supplenti, docenti e Ata della scuola italiana e all’estero, oltre che ai sindacati rappresentativi per mandare un segnale forte al Governo con  sit-in nella capitale e in alcune città della Penisola.

 

Come ha spiegato il Presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal, Marcello Pacificoè assodato che le deleghe alle Legge 107/15 peggiorano le condizioni della scuola italiana: continuano a essere dimenticati i docenti abilitati della seconda fascia delle graduatorie d’istituto e tutti coloro che hanno prestato servizio per almeno 36 mesi su posto vacante e disponibile, mentre più di centomila supplenti permettono ancora il regolare svolgimento dell’anno scolastico, a testimonianza del fatto che la precarietà̀ non è stata sconfitta e che la scuola ha bisogno di loro. Per il personale docente e Ata di ruolo è tempo di avviare immediatamente le sessioni negoziali per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro, bloccato ormai da quasi dieci anni dopo il via libera della Consulta nel settembre 2015. È un periodo enorme, segnato dalla crisi economica internazionale e che ha visto ridurre il potere d’acquisto degli stipendi del personale scolastico del 20% rispetto all’aumento del costo della vita. E, soprattutto, è tempo di dimostrare sul serio, con i fatti, non solo con le parole, che s’intende valorizzare e riconoscere la giusta retribuzione a chi si occupa dell’educazione dei nostri figli, stanziando risorse economiche adeguate. Così come in Germania, dove fin dall’inizio della carriera gli stipendi sono il doppio ed è possibile andare in pensione quasi con la metà del servizio. È evidente che così non si può andare avanti: venerdì 17 marzo abbiamo l’opportunità di farci sentire.

 

Come docenti ed Ata, con il contributo di studenti e cittadini che hanno a cuore la scuola pubblica, abbiamo non più di tre mesi di tempo per respingere queste deleghe e nel contempo far cancellare almeno i punti più disastrosi della 107. E' quanto dichiarano Piero Bernocchi portavoce nazionale Cobas e Stefano d’Errico segretario nazionale Unicobas. Il governo-fotocopia di Gentiloni ha – infatti- varato otto decreti applicativi, ignorando ogni forma di dialogo con i protagonisti dell’istruzione pubblica e ogni revisione significativa della 107, al di là di caramellose promesse della ministra Fedeli di neo-concertazione con i Cinque sindacati “rappresentativi”. (…) Le deleghe aggravano le disastrose brutture della legge 107, dal famigerato “bonus” per i docenti “meritevoli” (i cui nomi i presidi tengono nascosti) allo strapotere dei presidi, dalla truffa di un “organico di potenziamento” utile solo a ingigantire la conflittualità tra docenti, ai ricatti pesanti sulla mobilità e sull’organico triennale, fino all’obbligo di “un’alternanza scuola-lavoro” che mescola l’apprendistato gratuito ed inutile e la cialtroneria di accordi con aziende “amiche”. Il tutto provocando un’ulteriore, drammatica dequalificazione del lavoro degli insegnanti, sempre meno educatori e sempre più “operai intellettuali” flessibili e tuttofare, a drammatico compimento di un ventennio di  immiserimento materiale e culturale di una scuola che si vorrebbe “azienda” innovativa e che per lo più appare “bottegaccia” cialtrona, arruffona, gestita da presidi-padroni arroganti e incompetenti.

Chiediamo quindi che:

Ecco perché assumiamo la responsabilità di convocare per il 17 marzo lo sciopero generale della scuola, facendo appello a tutti i sindacati che si oppongono alla legge 107 e alle deleghe affinché convochino anche essi lo sciopero nella stessa data, per avere un ampio fronte unitario che faccia saltare anche i nuovi “giochi di ruolo” concertativi tra i sindacati “rappresentativi” e la ministra Fedeli, il cui massimo titolo, che ne ha determinato la scalata al MIUR, appare proprio il suo passato ruolo di segretaria generale della Federazione dei Tessili CGIL.

A scendere in Piazza il prossimo 17 marzo anche FederATA e USB.

La decisione di FederAta - spiega Piero Bernocchi portavoce nazionale Cobas -è stata preceduta da un confronto serrato tra le nostre due strutture a proposito della piattaforma di lotta degli ATA, con una coincidenza di vedute in particolare su diversi punti.

Nel comunicato indirizzato al MIUR, che porta la firma del Presidente Nazionale, Giuseppe Mancuso, vengono elencati numerosi motivi che portano allo sciopero. Tra questi:

Infine, come spiega Luigi Del Prete dell’esecutivo nazionale USB Scuola, il 17 marzo l'USB chiama allo sciopero il mondo della scuola, in piena continuità con la propria idea di scuola democratica e ugualitaria, riportando il conflitto nelle piazze e nelle scuole, ritrovando l'Unicobas come il 21 ottobre e i Cobas, i quali riscoprono finalmente, dopo il passo falso del 5 maggio 2015, l'importanza dell'unità d'azione del sindacalismo conflittuale e la necessità dello sciopero come strumento di lotta.

Il 4 dicembre i lavoratori della scuola hanno mandato a casa il governo Renzi. Il ruolo centrale della scuola è stato riconosciuto da tutti gli analisti e i commentatori, nonché dal governo, tant'è che nel nuovo esecutivo la ministra Giannini è tra i pochi ministri non riconfermati. USB Scuola non ha mai pensato che questo referendum avrebbe portato un reale cambiamento politico e infatti la nuova ministra Fedeli sta procedendo a tappe forzate verso la definitiva applicazione della legge 107, assumendosi il compito politico di portare ad applicazione le deleghe previste in essa e realizzare il piano di aziendalizzazione della scuola pubblica statale voluto dal PD. Non ci aspettavamo che i sindacati gialli avessero un atteggiamento diverso da quello succube mostrato in occasione della mobilità, crediamo che il loro ruolo di normalizzatori sia chiaro ai lavoratori della scuola. Siamo dinanzi a 8 deleghe che rappresentano una vera e propria controriforma della scuola, riducendo le ore di sostegno e rendendo difficili i ricorsi delle famiglie, diminuendo ore e cattedre ai professionali, rendendo l'Invalsi e l'alternanza scuola-lavoro obbligatori per accedere alla maturità, introducendo il contratto a tutele crescenti e stipendi da fame per i futuri docenti/tirocinanti, portando avanti il processo di privatizzazione della Scuola Pubblica Statale. Siamo dinanzi ad interventi che rientrano nelle richieste dell'Unione Europea che, dalla strategia di Lisbona fino ad Europa 2020, chiede ai paesi europei di creare un sistema di istruzione che educhi alla precarietà del lavoro e alla cultura dello sfruttamento.Lo sciopero da noi già annunciato si rende a questo punto necessario, dando seguito allo sciopero generale di ottobre, nella piena consapevolezza che l'attacco alla Scuola si colloca all'interno di un processo molto più ampio di destrutturazione del lavoro pubblico e privato.

 

 

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