corte costituzionaleLa Corte Costituzionale, con sentenza n°284 del 22 novembre 2016,  ha dichiarato illegittime  per violazione delle competenze regionali, due norme della legge 107/2015 riguardanti:

  • l'edilizia scolastica, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 153, della legge n. 107 del 2015, nella parte in cui non prevede che il decreto del Ministro dell’istruzione che provvede alla ripartizione delle risorse sia adottato sentita la Conferenza unificata;
  •  gli standard strutturali, organizzativi e qualitativi dei servizi educativi relativi alla scuola dell’infanzia per l’infanzia e della scuola dell’infanzia, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 181, lettera e), n. 1.3), della legge n. 107 del 2015.

Abstract del testo pubblicato in G.U.

 

  •  L’art. 1, comma 153, stabilisce che «Al fine di favorire la costruzione di scuole innovative dal punto di vista architettonico, impiantistico, tecnologico, dell’efficienza energetica e della sicurezza strutturale e antisismica, caratterizzate dalla presenza di nuovi ambienti di apprendimento e dall’apertura al territorio, il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, con proprio decreto, d’intesa con la Struttura di missione per il coordinamento e impulso nell’attuazione di interventi di riqualificazione dell’edilizia scolastica, istituita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 maggio 2014 presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvede a ripartire le risorse di cui al comma 158 tra le regioni e individua i criteri per l’acquisizione da parte delle stesse regioni delle manifestazioni di interesse degli enti locali proprietari delle aree oggetto di intervento e interessati alla costruzione di una scuola innovativa». 11.1.– Secondo la Regione Puglia, tale disposizione, nella parte in cui affida al Ministro dell’istruzione la ripartizione delle risorse di cui al comma 158, nonché l’individuazione dei criteri per l’acquisizione da parte delle stesse Regioni «delle manifestazioni di interesse degli enti locali proprietari delle aree oggetto di intervento e interessati alla costruzione di una scuola innovativa», violerebbe il combinato disposto dell’art. 117, terzo comma, e dell’art. 118, primo comma, Cost., perché, pur attribuendo ad un organo statale una funzione amministrativa in una materia come l’edilizia scolastica, che incide su una pluralità di competenze concorrenti, non prevederebbe alcuna forma di coinvolgimento delle Regioni.– La questione è fondata

In riferimento all’art. 53, comma 7, del decreto legge n. 5 del 2012, il quale demanda ad un decreto del Ministro dell’istruzione, da emanare sentita la Conferenza unificata, l’adozione delle norme tecniche-quadro contenenti gli indici minimi e massimi di funzionalità urbanistica, edilizia, nonché didattica, indispensabili a garantire indirizzi progettuali adeguati ed omogenei sul territorio nazionale, questa Corte ha chiarito come «[n]ella disciplina in esame si intersecano più materie, quali il “governo del territorio”, “l’energia” e la “protezione civile”, tutte rientranti nella competenza concorrente Stato-Regioni di cui al terzo comma dell’art. 117 Cost.», rilevando altresì che «nelle materie di competenza concorrente, allorché vengono attribuite funzioni amministrative a livello centrale allo scopo di individuare norme di natura tecnica che esigono scelte omogenee su tutto il territorio nazionale improntate all’osservanza di standard e metodologie desunte dalle scienze, il coinvolgimento della conferenza Stato Regioni può limitarsi all’espressione di un parere obbligatorio (sentenze n. 265 del 2011, n. 254 del 2010, n. 182 del 2006, n. 336 e n. 285 del 2005)» (sentenza n. 62 del 2013). Nel caso di specie, tale coinvolgimento regionale non è previsto e la disposizione impugnata, di conseguenza, va dichiarata costituzionalmente illegittima nella parte in cui non prevede che il decreto del Ministro che provvede alla ripartizione delle risorse sia adottato sentita la Conferenza Stato Regioni.

  • L’art. 1, comma 180, prevede che «Il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi al fine di provvedere al riordino, alla semplificazione e alla codificazione delle disposizioni legislative in materia di istruzione, anche in coordinamento con le disposizioni di cui alla presente legge»; il successivo comma 181 elenca i principi e i criteri direttivi ai quali il Governo si dovrà attenere nel dare attuazione alla delega conferitagli. 14.1.– Secondo la Regione Veneto, il complesso di queste disposizioni determinerebbe una fitta rete di interferenze con la competenza esclusiva regionale in materia di formazione professionale, attribuendo allo Stato il potere di dettare non solo principi fondamentali, ma anche norme di dettaglio, in violazione degli artt. 117, secondo, terzo e quarto comma, 118 e 120 Cost. In particolare, ad avviso della difesa regionale, sarebbero lesive del riparto di competenze le disposizioni che affidano al legislatore delegato il compito di definire il sistema di formazione iniziale e il suo completamento, nonché l’istituzione di percorsi di formazione che integrano le competenze disciplinari e pedagogiche dei docenti; la previsione di un sistema formativo della professionalità degli educatori e dei docenti in possesso di specifiche abilitazioni e di specifiche competenze artistico-musicali e didattico-metodologiche; il potenziamento e il coordinamento dell’offerta formativa extrascolastica e integrata negli ambiti artistico, musicale, coreutico e teatrale e «similari disposizioni disseminate nel corpo del comma impugnato». 14.2.– La difesa statale eccepisce la genericità delle censure, nonché l’irrilevanza della questione, posto che è prevista l’adozione di decreti legislativi il cui contenuto precettivo non sarebbe al momento prevedibile. 14.3.– L’eccezione di inammissibilità della questione per genericità è fondata. Le censure non sono sorrette da adeguati elementi argomentativi in grado di suffragarle, perché la ricorrente, salvo alcune esemplificazioni, «si è limitata a coinvolgere i due commi citati in una generica deduzione d’insieme con la quale afferma che sarebbero state pretermesse “le competenze regionali in materia di istruzione” rientranti “nella previsione del terzo comma dell’art. 117 della Costituzione”» (sentenza n. 200 del 2009), senza specificare tuttavia, quali disposizioni, singolarmente considerate, determinerebbero le lesioni che vengono lamentate. 14.4.– La Regione Puglia, invece, censura specificamente l’art. 1, comma 181, lettera e), n. 1.3), nella parte in cui prevede che la delega conferita al Governo contempli anche la determinazione degli «standard strutturali, organizzativi e qualitativi dei servizi educativi per l’infanzia e della scuola dell’infanzia». 14.4.1.– Secondo la ricorrente, tale disposizione violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto l’ambito relativo all’individuazione degli standard strutturali e organizzativi in materia di istituzioni che operano nell’ambito dell’istruzione rientrerebbe nella competenza del legislatore regionale. 14.5.– La questione è fondata. Questa Corte, infatti, pronunciandosi in tema di disciplina degli asili nido, ha chiarito che la individuazione degli standards strutturali e qualitativi di questi ultimi non si identifica con i livelli essenziali delle prestazioni, «in quanto la norma censurata non determina alcun livello di prestazione, limitandosi ad incidere sull’assetto organizzativo e gestorio degli asili nido che, come si è detto, risulta demandato alla potestà legislativa delle Regioni»; né può essere ricompresa «nelle norme generali sull’istruzione e cioè in quella disciplina caratterizzante l’ordinamento dell’istruzione», in quanto tale individuazione «presenta un contenuto essenzialmente diverso da quello lato sensu organizzativo nel quale si svolge la potestà legislativa regionale» (sentenza n. 120 del 2005). L’individuazione degli standard strutturali, organizzativi e qualitativi dei servizi educativi per l’infanzia e della scuola dell’infanzia, pertanto, va ricondotta alla competenza del legislatore regionale. Di qui, l’illegittimità costituzionale della disposizione impugnata.

Il Presidente Paolo Grossi ha dichiarato l'infondatezza di 12 dei 14 ricorsi sulla Buona Scuola promossi distintamente dalla Regione Veneto e dalla Regione Puglia; la dichiarazione di infondatezza o inammissibilità fa si che non potranno esser toccate alcune norme introdotte dalla Buona Scuola.

Di seguito (in breve) alcuni commi “non toccati”:

  • comma 66 della 107- Ruoli regionali del personale docente:la Consulta ritiene legittimo l’assetto dell’organico regionale dei docenti, poiché rientra nella competenza esclusiva dello Stato (ciò fa decadere la richiesta da parte di alcuni sindacati di mantenere gli organici dei docenti in ambito provinciale e delle istituzioni scolastiche).
  • commi 68 e 74-Ambiti territoriali: la Consulta ritiene che sia di competenza esclusiva dello Stato, confermando la nuova ripartizione territoriale dove andrà a confluire la titolarità di ciascun docente.
  • comma 126- Bonus premiale: la Consulta dichiara non fondato il ricorso della Regione Puglia che riteneva l’istituzione del fondo per la valorizzazione del merito non consentita in via esclusiva allo Stato, in quanto l’istruzione è materia concorrente Stato-Regioni.

L’art. 1, comma 126, dispone che Per la valorizzazione del merito del personale docente è istituito presso il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca un apposito fondo, con lo stanziamento di euro 200 milioni annui a decorrere dall’anno 2016, ripartito a livello territoriale e tra le istituzioni scolastiche in proporzione alla dotazione organica dei docenti, considerando altresì i fattori di complessità delle istituzioni scolastiche e delle aree soggette a maggiore rischio educativo, con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca. La disposizione in esame istituirebbe un fondo a destinazione vincolata in riferimento ad un ambito – quello della «valorizzazione del merito del personale docente» – che, ad avviso della Regione, non rientrerebbe certamente nella competenza esclusiva statale concernente le «norme generali sull’istruzione», ma in quella concorrente in materia di «istruzione». Di qui, secondo la Regione, il contrasto con gli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., essendo precluso al legislatore statale, alla luce della consolidata giurisprudenza costituzionale, istituire fondi a destinazione vincolata nelle materie di competenza concorrente.

Invece, al riguardo, si afferma che “la valorizzazione del merito è un profilo attinente alla disciplina dei dipendenti pubblici statali” e quindi di competenza esclusiva dello Stato.

A questo punto, poiché dovranno essere riscritte alcune parti modificate dalla Consulta, c'è il rischio concreto che vi siano dei ritardi logistici per le deleghe previste dalla legge 107 in scadenza il prossimo 15 gennaio. Dalle pagine del corriere.it, Francesca Puglisi senatrice Pd che ha partecipato attivamente alla creazione del disegno di legge, si dice, invece, tranquilla al riguardo: "A parte che la delega ormai è già pronta, ma secondo me è del tutto legittima perché disegna solo i livelli di qualità e le norme generali, lasciando a Regioni e Comuni l'organizzazione dei servizi. L'altra cosa importante è che prevede che prima di adottare gli standard ci siano intese con gli organi locali, quindi non vedo alcuna incostituzionalità."

In allegato sentenza

Articoli correlati:

Legge 107/2015: le norme caratterizzanti sono costituzionalmente legittime, accolti solo 2 punti per incostituzionalità