Corte giustizia europeaSulla sentenza della Corte UE è intervenuto anche l'ispettore del Miur, dott. Bruschi in una intervista in cui evidenzia come la sentenza escluda il diritto alla stabilizzazione ma dando una interpretazione ancora più restrittiva circa la possibilità di ottenere un risarcimento economico nei soli casi di reiterazione di tre contratti al 31 agosto ma su posto occupato nella stessa scuola restringendo quindi sensibilmente la platea degli aventi diritto. Il passaggio della sentenza a cui fa riferimento l'ispettore Bruschi per giustificare la sua lettura del dispositivo è riferito alle conclusioni in cui è scritto "MEDESIMO posto vacante e disponibile" intendendo per MEDESIMO posto la stessa istituzione scolastica visto che diversamente sarebbe stato scritto per la "stessa tipologia di posto vacante e disponibile". 
Di seguito riportiamo il testo dell'intervista concessa dal Dott. Bruschi

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«Non so quanti tra coloro i quali hanno commentato la sentenza 26 novembre 2014 della Corte di Giustizia del Lussemburgo in materia di abuso dei contratti a termine nel settore scuola l’abbiano effettivamente letta, o non si siano piuttosto affidati a commenti di seconda o terza mano quando non alla pancia. E mi stupiscono alcuni errori marchiani, che confondono il “petitum”, cioè le “richieste” volte alla Curia e le relative argomentazioni, con le premesse “in diritto” e la sentenza. Per costume, mi attengo agli atti e trascuro il clangore di sottofondo dal quale sono accompagnati specie nei casi di materie “calde”. Aggiungo una considerazione: la politica effettua le sue scelte. Ma quando queste scelte (o la richiesta di scelte) non sono supportate da una adeguata consapevolezza dei “fatti”, sono pessima politica: al limite, propaganda. Ora, le sentenze della Curia hanno una caratteristica che balza agli occhi di chi è abituato alle loro corrispettive nostrane: sono chiare, aliene da arzigogoli, citano una giurisprudenza altrettanto chiara e direttive magari lunghe, ma estremamente limpide nel dettato normativo.

Il che, probabilmente, è dovuto a un fatto culturale e a un motivo incidentale: da un lato, l’assenza del “peso” di una tradizione giuridica comune (a meno di non tornare indietro di secoli: ai “rescritti” della cancelleria imperiale, vigente il Codex giustinianeo…), con i suoi formulari; dall’altro, la prosastica esigenza di tradurre gli atti in decine di lingue, mantenendone intatta la “lettera”.

Bene, cosa dice, la sentenza? Dice, analizzando la normativa italiana in rapporto con lo "ius commune europeo", che le supplenze, nel comparto scuola, sono in astratto perfettamente compatibili con la direttiva 1999/70/CE: e che la copertura di posti vacanti dovuto ad assenze dei titolari (punti 92, 93) o la fluttuazione della domanda scolastica (punti 94 e 95) costituiscono "ragione obiettiva" per la reiterazione di contratti a tempo determinato “ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera a) dell'accordo quadro allegato alla direttiva”: aggiungo, reiterazione ad libitum, senza limiti temporali.

La Curia, invece, confermando quanto a suo tempo rilevato dalla Commissione e dall'Avvocato Generale, dichiara che detto accordo quadro osta (cioè impedisce ) "a una normativa nazionale... che autorizzi, in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale di ruolo delle scuole statali, il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza indicare tempi certi per l’espletamento di dette procedure concorsuali ed escludendo qualsiasi possibilità, per tali docenti e detto personale, di ottenere il risarcimento del danno eventualmente subito a causa di un siffatto rinnovo... Tale normativa, fatte salve le necessarie verifiche da parte dei giudici del rinvio, da un lato, non consente di definire criteri obiettivi e trasparenti al fine di verificare se il rinnovo di tali contratti risponda effettivamente ad un’esigenza reale, sia idoneo a conseguire l’obiettivo perseguito e sia necessario a tal fine, e, dall’altro, non prevede nessun’altra misura diretta a prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo ad una successione di contratti di lavoro a tempo determinato."

Condannata è l'applicazione dell’articolo 4, comma 1 della legge 124/1999. Non tanto la copertura, attraverso supplenze annuali, di posti vacanti e disponibili, quanto l'uso abnorme e ingiustificabile, ai sensi delle norme europee (e anche del buon senso) , che ne è stato fatto. Se, per ipotesi astratta, le autorizzazioni ad assumere avessero riguardato il 100% di tali cattedre, anche da semplice scorrimento delle graduatorie permanenti, la Curia non avrebbe avuto nulla da dire. Si è invece operato come se la Direttiva non fosse, sotto lo “scacco” delle autorizzazioni alle assunzioni, tamponando le vacanze in organico con piani "straordinari" che diventavano una specie di “confessione di colpa”. Evitando di adottare soluzioni normative adeguate e più volte sottoposte all'attenzione del Parlamento, ci si è esposti a un rilievo di incompatibilità (non parlerei di condanna: lo Stato non è stato condannato) scontato.

Detto questo, pregherei tutti coloro i quali hanno parlato di “diritto all’assunzione”, di leggersi altra sentenza della Curia, la “Affatato” (causa C-3/10): “la clausola 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, siglato il 18 marzo 1999, che compare in allegato alla direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, 1999/70/CE, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato… non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui all’art. 36, quinto comma, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, la quale, nell’ipotesi di abuso derivante dal ricorso a contratti di lavoro a tempo determinato stipulati in successione da un datore di lavoro del settore pubblico, vieta che questi ultimi siano convertiti in un contratto di lavoro a tempo indeterminato quando l’ordinamento giuridico interno dello Stato membro interessato prevede, nel settore interessato, altre misure effettive per evitare, ed eventualmente sanzionare, il ricorso abusivo a contratti a tempo determinato stipulati in successione” e che la clausola “non è in alcun modo atta a pregiudicare le strutture fondamentali, politiche e costituzionali, né le funzioni essenziali dello Stato membro di cui è causa, ai sensi dell’art. 4, n. 2, TUE”: detto in altre parole, l’art. 97 della Costituzione ("Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso", n.d.r.) non è aggirabile attraverso il Diritto Europeo.

Ho l'impressione che gli effetti sistemici della sentenza saranno meno eclatanti di quanto in molti si immaginano, e che riguardino il risarcimento, a mio parere da disciplinare per legge, una platea limitata di soggetti (detta alla grossa: chi ha beneficiato di più di tre contratti su posto vacante e disponibile nella stessa istituzione scolastica) sempre che non si tergiversi e si intervenga coerentemente e rapidamente, eliminando le norme "criminogene". Chi teme per la Buona scuola o per il Concorso, è come se avesse paura del babau. Sempre che, come spesso ahimé capita, la razionalità non lasci il posto alla piazza.»

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