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La Corte d’Appello di Catanzaro, sezione lavoro, ha pubblicato in data 8-10-2014 una sentenza che ribalta il giudizio in primo grado dichiarando l'inesistenza di alcuna illegittimità nella reiterazione dei contratti a tempo determinato e di conseguenza ha respinto tutte le richieste risarcitorie del lavoratore che invece in primo grado aveva visto condannare il Miur al riconoscimento dell’anzianità di servizio al lavoratore precario e  al risarcimento economico del danno quantificato in 5,5 mensilità.

E’ stata così integralmente riformata la sentenza di primo grado che, invece, aveva dato ragione al lavoratore bollando come illegittima la prassi seguita dal MIUR di reiterare i contratti a tempo determinato ed aveva riconosciuto al lavoratore il risarcimento economico del danno (ma escludendo la stabilizzazione) e il diritto all’anzianità di servizio maturata in corrispondenza dei contratti a termine.

 

La sentenza non riguarda un docente ma un collaboratore scolastico che all'appello del Miur aveva risposto con una richiesta di risarcimento per di maggior entità (15 mensilità) o in alternativa la trasfromazione del contratto in un tempo indeterminato. La Corte d’Appello di Catanzaro nella sentenza, che non fa distinzione tra docenti e personale ATA, ha invece dato torto al lavoratore smontando la sentenza di primo grado che basava "il suo assetto fondante sulla applicabilità alla fattispecie in questione, del d. lgs. n. 368/01, sulla disciplina del contratto a termine." Secondo la CdA di Catanzaro però tale applicabilità va invece esclusa, per il permanere della vigenza per le supplenze ed i relativi contratti a termine in materia scolastica delle norme speciali di cui al 1. n. 449/1997, n. 124/1999 e 6 d. lgs n. 165/01. Scrivono infatti i giudici della CdA "Trattasi di norme speciali, che oltre a disciplinare il regime dei contratti a termine nelle fattispecie in esame, delineano anche un particolare sistema di reclutamento del personale scolastico, la cui specialità deriva dalla necessità per l'amministrazione di adempiere ad un obbligo costituzionale di cui all'art. 34 della Costituzione, in relazione ai principi di cui all'art. 97 Cost., che impone alla P.A., di organizzare il servizio scolastico, con un equo contemperamento tra qualità del servizio e esigenza di contenimento della spesa. Tale specialità deriva dalla estrema flessibilità numerica degli utenti e dalla variabilità della loro collocazione sul territorio nazionale, che comportano aggiustamenti annuali degli organici. Ciò ha reso necessario, la predisposizione di norme dirette a delineare, per il personale scolastico, un organico in parte fisso in parte variabile in relazione alle concrete esigenze". 
La corte nella sentenza ha tenuto conto anche della conformità alla norma comunitaria e in particolare alla direttiva 1999/70/CE e alla clausola 5, punto 1, lett. a, per la quale, al fine di prevenire gli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti, lo Stato membro, in mancanza di una normativa "equivalente” per la prevenzione degli abusi, deve prevedere ragioni obiettive che giustifichino il ricorso ad una pluralità di contratti a tempo determinato facendo presente che nella scelta del personale docente da assumere con contratto a termine, la norma vigente non comporta alcuna valutazione discrezionale della pubblica amministrazione, obbligata al rispetto di una rigida normativa che ne regola la individuazione.
E a sostegno di quanto stabilito i giudici citano una precedente decisione della Corte di Giustizia Europea che si è soffermata esclusivamente sulla clausola 5, punto 1, lett. a, messa a confronto con una normativa interna che prevede la possibilità di utilizzare in modo ricorrente, se non addirittura permanente, contratti a tempo determinato (C. giust. 26 gennaio 2012, C-586/10,Kucuk).

Ed ancora “il settore scolastico italiano…è un segmento del lavoro pubblico del tutto peculiare cui non si applica l’art. 36 D. Lgs. n. 165/2001″ e che si deve “escludere definitivamente l’applicazione del D. Lgs. n. 368/2001 alla fattispecie de quo e di valutare tale esclusione come giustificata da adeguate ragioni oggettive”.

Per gli stessi motivi, per quanto riguarda l’anzianità di servizio, ci sarebbe, secondo la Corte d’Appello di Catanzaro, una “diversità di status tra lavoratori a termine e lavoratori a tempo indeterminato”, diversità di status “che è in grado di giustificare anche il diverso trattamento economico”; e continuando ancora più chiaramente: “non risulta discriminatorio un diverso trattamento economico”.

Questa sentenza segna dunque una nuova puntata della saga riguardante la stabilizzazione dei precari e che vedrà la Corte di Giustizia pronunciarsi sulla questione fra poco più di un mese (il 26 novembre). Al riguardo ricordiamo la risposta ufficiale della Commissione Europea interrogata sul rispetto della norma comunitaria e che così scriveva "la disposizione citata non stabilisce un obbligo generale di prevedere la trasformazione in contratti a tempo indeterminato dei contratti di lavoro a tempo determinato, né definisce le condizioni precise alle quali si può fare uso di questi ultimi. Essa lascia agli Stati membri un certo margine di discrezionalità in materia, purché vi sia un'altra misura effettiva per evitare, ed eventualmente sanzionare, l'utilizzo abusivo di contratti a tempo determinato stipulati in successione nel settore pubblico..."
Siccome sulla vicenda delle stabilizzazioni si continua a speculare e ad annunciare sentenze storiche per i precari in possesso di almeno 36 mesi di servizio, a futura memoria, PSN ripropone l'articolo pubblicato in data 18/2 che riassume il parere della Commissione europea e le soluzioni alternative eventualmente adottabili tra cui lo ricordiamo possono essere anche l'immissione in ruolo solo sui i posti in organico di diritto e la garanzia di espletamento con cadenza certa dei concorsi per docenti.