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Categoria: Didattica Tecnologia
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20170308 113728 buonaCapita, a volte, che le cose migliori nascano da una sconfitta o da un  momento di riflessione. È quello che è successo nella mia III D. In un momento difficile del nostro rapporto mi sono accorto di come il mio atteggiamento disincantato ed informale, che da sempre tengo con i miei ragazzi, non sortisse l'effetto voluto. La libertà di apprendimento, la libertà di studiare senza l'assillo del voto, dell'interrogazione, dei compiti assegnati a casa, avrebbe dovuto nella mia idea sviluppare autonomia, capacità di autoapprendimento, capacità di raggiungere il risultato organizzandosi il lavoro da  soli. Una didattica siffatta però, ha la necessità  di essere costantemente valutata, alimentata e  controllata.

In questo caso la situazione mi è evidentemente sfuggita di mano visto che ho notato nei ragazzi un eccessivo rilassamento con conseguente allontanamento da quelli che erano i loro doveri di  studenti. In un confronto onesto, ma allo stesso tempo acceso ed intenso, abbiamo scoperto le carte e ho manifestato la mia volontà di recuperare una didattica tradizionale, fatta di lezioni frontali di assegno e  di compiti a casa, necessaria, a mio dire, per recuperare e raggiungere i risultati  prefissati.

Questo ha fatto nascere nei ragazzi un senso di sconfitta rispetto a quel patto educativo stretto con il professore e che avrebbe dovuto vederli protagonisti del loro stesso  apprendimento. È qui che è nata la  sfida.

Maria  Antonia, la ragazza più dura del gruppo, quella capace di trascinare con le sue doti di leadership l'intera  classe, mi ha affrontato con rispettosa decisione ammettendo tutte le colpe, sempre che di colpe si possa parlare, e proponendomi tuttavia un'ultima occasione per dimostrare le capacità personali e di gruppo e per non abbandonare quella che è, a loro dire, è una didattica fruttuosa quanto interessante.

Questo il punto di partenza che ha preso il professore in contropiede e con l'obbligo morale, a questo punto, di trovare una sfida adeguata non per sconfiggere i  ragazzi, che non sono assolutamente nemici ma fieri alleati, ma per portare finalmente alla luce tutte quelle caratteristiche che ogni buon docente cerca nei propri studenti.

C'è voluto qualche giorno,  necessario al recupero dei materiali ma alla fine l'idea era nata.

La nostra è la didattica per competenze, è la didattica fatta per formare i cittadini di domani, è quella didattica necessaria per mettere a frutto conoscenze ed abilità da applicare evidentemente in situazioni pratiche che non necessariamente riguardino la scuola. Questo si legge nei manuali ed è conosciuto come prova di realtà ed è quello che io ho chiesto ai miei studenti.

Ho recuperato un po' di materiale, ho chiesto di assolvere ad un compito che prevedesse le seguenti domande:

 

L'unico  vincolo che il professore ha posto  è stato rappresentato dall'obbligo di partecipazione dell'intera classe, compito questo per cui  Maria Antonia è stata nominata responsabile.  I ragazzi hanno dimostrato una capacità di organizzazione fuori dal comune, hanno prenotato la Biblioteca Comunale di Nocera Superiore dove si sono incontrati per una sessione plenaria di Studio, armati  di computer, cellulari e libri.

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Hanno discusso per un intero pomeriggio arrivando alla fine ad una soluzione finale che si è fermata soltanto davanti ad un componente elettronico di cui nessuno aveva mai sentito parlare. All’incontro in biblioteca non ha partecipato tutta la classe per evidenti problemi di appuntamento, impegni pregressi, difficoltà a di raggiungimento del luogo predisposto. Maria Antonia con le fedelissime Cristina e Maria hanno organizzato, in classe, una lezione riassuntiva che rendesse e dovuti gli altri compagni di quanto successo in biblioteca.

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Con grandissima sorpresa del professore, i ragazzi hanno capito che arrivano tra le mani un caricabatterie per cellulari alimentato ad energia solare. Sono peraltro stati in grado di disegnare un circuito in parallelo, che vedete riportato nella fotografia in seguito, in cui l'alimentazione ad energia solare veniva affiancata da  una normalissima alimentazione con batterie stilo. 

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Maria e Giuseppe, poi, a cavallo della mezzanotte (ma questi studenti non dormono mai?) mi ha mandato un messaggio sul gruppo WhatsApp della classe felici per aver individuato che pezzo ancora ignoto era un diodo con la funzione di valvola di non ritorno ovvero di far passare la corrente generata da pannello solare in una sola direzione.

Non restava che un ultimo appuntamento ovvero quello necessario al montaggio dello strumento. E qui sono tornato, felice, nei miei panni di professore. Ci siamo incontrati in laboratorio e abbiamo costruito in meno di un'ora il nostro caricabatterie ad energia solare.

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Nel primo incontro hanno partecipato tutti i ragazzi della classe, mentre nella seconda parte a conclusione del progetto,  Maria Antonia, Cristina e Maria hanno completato la costruzione  utilizzando, con le dovute attenzioni, il saldatore per il collegamento definitivo dei componenti elettrici.  Inutile dire che il caricabatteria funziona e che è stato utile per salvare il vecchio cellulare del professore la cui batteria dura poco più di una mattinata.

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Concludendo il nostro racconto non resta che mostrare i risultati del lavoro delle ragazze. Nelle foto che seguono vedrete gli schemi di montaggio del caricabatterie e il caricabatterie in funzione al sole del mio balcone.

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Ma non sarebbe un lavoro scientifico se il professore non si inventasse una prosecuzione al lavoro. Parlano di circuiti elettrici occorrerebbe adesso studiare:

  1. Le grandezze che regolano la prima legge di Ohm lette nel circuito;

  2. L’apporto della celletta solare in relazione all’intensità luminosa e alla sua inclinazione;

  3. La differenza tra l’energia prodotta dalla celletta solare e quella prodotta dalle batterie stilo.

Chi se la sente di terminare il lavoro?

Ah per la cronaca, pace fatta con i miei ragazzi.

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