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Discriminare a scuola un bimbo di 4 anni per motivi religiosi ? Sembra assurdo, ma ancora nel 2014 può succedere nella scuola statale e laica. E' quanto successo in una scuola pubblica proprio nei confronti di un bambino la  cui mamma, in qualità di insegnante di sostegno, ironia della sorte, è impegnata in strategie di inclusione degli alunni.   Di seguito la lettera giunta in redazione di cui pubblichiamo integralmente il contenuto:

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<Gentile redazione di PSN, sono un'insegnante di scuola primaria ma scrivo in qualità di mamma. Benchè non credenti, in pieno accordo con mio marito, abbiamo deciso di non esonerare i nostri bambini dall'ora di religione cattolica, sia per l'assenza di valide alternative didattiche, sia perché il cattolicesimo fa comunque parte della nostra cultura, senza che con ciò li volessimo indottrinati.
 A distanza però di qualche settimana dall'inizio della scuola dell'infanzia, mio figlio di 4 anni è tornato a casa recitando l'Ave Maria. Così mi sono recata nella sua scuola per far presente alla docente di religione che l'insegnamento delle preghiere è pertinente più al catechismo in parrocchia che alla scuola pubblica.

Non avendola trovata, ho chiesto spiegazioni all'insegnante di classe, che, con mia somma sorpresa, mi ha rivelato che è lei, ogni mattina, a far recitare la preghiera ai bambini. Alla mia semplice richiesta delle motivazioni, mi si è risposto, banalmente e con non troppo garbo, "l'ho sempre fatto!"; altrettanto inevitabile la mia risposta "allora ha sempre sbagliato!".

All'atteggiamento di chiusura della docente, che ha addirittura sostenuto "che per uno non si può discriminare un'intera classe", pur essendo certa di aver ragione, da mamma che deve anzitutto pensare alla serenità del proprio figlio (finanche compiacendo l'adulto a cui l'affida), ho proposto alla maestra di recitarla magari più di rado e in quelle occasioni far partecipare anche il mio bambino.

(Faccio presente che quando non recitano l'Ave Maria c'è "Angioletto del mio cuore", un po' meno catechizzante ma appartenente allo stesso repertorio. Eppure  alla facoltà di Scienze della Formazione mi è stato insegnato che quello stesso momento "di accoglienza" può essere utilizzato per un'attività psicomotoria di risveglio muscolare, per un circle time, cantando o anche ballando, certo non pregando; tutti ignoranti, i formatori dei formatori?)

Comunque mi ero rasserenata, credendo la vicenda fosse conclusa sul nascere. Il 20 novembre, invece, mentre portavo i miei figli a scuola a festeggiare la "Giornata dei diritti del bambino", il mio piccolo, ascoltando il fratello declamare una poesia, è scoppiato a piangere disperato, urlando : "Anche io conosco una poesia, si chiama Ave Maria, ma la maestra mi dice che SOLO IO non posso recitarla perché la mia mamma non vuole! Sei cattiva, sei cattiva !!!".

Potete immaginare la mia reazione: sono andata dalla Dirigente Scolastica cercando di capire se per errore avessi iscritto mio figlio in un istituto religioso che, non pago di emarginarlo, si sarebbe anche impegnato a rendermelo ostile ! Non sono stata accolta, però, non dico dall'indignazione, ma neppure dalla solidarietà della dirigente, che, forse tenendo a smentire la "leggenda" dell'inclinazione della sua categoria alla tirannide verso i docenti e alla subalternità verso i genitori, fra tanti commenti amabili e colmi di buon senso, ha affermato che non ci fosse nulla di male se "in una classe dove nessuno è esonerato da religione la docente faccia recitare preghiere"...

Mi chiedo in quale "campo di esperienza" si possa inserire tale attività: "I discorsi e le parole di Gesù", "Il corpo e il movimento di Maria" o "Il sé e l'altro tranne me"? E le preziose informazioni trasmessemi mi hanno fatto concludere, sul piano delle ragionevolezze didattiche, che se un domani dovessi far cantare quotidianamente Bandiera rossa nella mia seconda elementare, ed un genitore si ribellasse, potrei tranquillamente rispondere: "mi scusi, ma non sapevo ci fossero fascisti!"; o magari potrei insegnare Faccetta nera in assenza di comunisti, Buddhismo anziché Italiano, o imporre il Ramadan a mensa… in nome, certo, non tanto della libertà, quanto della più pura anarchia didattica!

E se qualche folle genitore si lamentasse? Facile! Escluderei ed emarginerei il figlio! Sarebbe un successone, o no?

Comunque per fortuna anche i bimbi poco loquaci come il mio, seppur dopo un mese e piangendo, raccontano. Non temere, maestra, proverò da sola a trasmettere al mio bambino certi valori, la maggior parte dei quali sono perfino gli stessi della tua religione. Tra questi, però, "discrimina chi ha un credo diverso dal tuo" proprio non c'è! Nonostante ciò, sarebbe bello comunque che il prossimo 20 novembre non ti limitassi a ritagliare decorazioni, ma provassi a rispettarla davvero, la "Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia":

"Gli Stati parti si impegnano a rispettare i diritti enunciati nella presente Convenzione e a garantirli a ogni fanciullo che dipende dalla loro giurisdizione, senza distinzione di sorta e a prescindere da ogni considerazione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o altra del fanciullo o dei suoi genitori o rappresentanti legali, dalla loro origine nazionale, etnica o sociale, dalla loro situazione finanziaria, dalla loro incapacità, dalla loro nascita o da ogni altra circostanza".

Del resto, sapete chi ha detto che "la Chiesa cattolica è consapevole dell'importanza che ha la promozione dell'amicizia e del rispetto tra uomini e donne di diverse tradizioni religiose"? Il ben noto ateo Papa Francesco…>